Lunghe code di veneziani, occupati a rifornirsi di acqua potabile. Decine di persone con secchi e fiaschi in mano, rammento, davanti alla fontanella di campo Santa Maria Formosa; durante i giorni in cui tutti i rubinetti delle case della zona, per un guasto, erano rimasti a secco.

 Oppure lโ€™intonaco della mia stanza da letto sul canale che, allโ€™improvviso, per fortuna senza ferirmi, mi era crollato rovinosamente in testa mentre dormivo; la mattina in cui, su una nave ormeggiata alla Marittima si era prodotta una forte esplosione, con conseguente spostamento dโ€™aria e tremolio del suolo, lungo lโ€™intera Venezia.

  Ancora io che, occhio alla cucina economica della nonna, alimentata a legna, sorvegliavo la bollitura   del mio pentolino dโ€™acqua, con tanto di straccio bianco dentro; quello che mi lasciavano tenere sulla piastra calda, stabilmente, quale contributo personale allโ€™economia di famiglia.

  O di nuovo io che, in stanza da pranzo, correvo spaventato attorno al tavolo, per sfuggire alla zia Antonietta: la quale mโ€™inseguiva scherzosamente, mani protese in avanti, ripetendo che in famiglia si era creato, negli ultimi tempi, un gran bisogno di soldi; e che presto avrebbero dovuto, non cโ€™era altro da fare, vendermi a un certo signore lร  fuori, โ€˜โ€™per un chilo di burroโ€™โ€™.

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