Si parla molto, da qualche tempo, di rifiuto genitoriale e strumenti di contrasto e soluzione ad un fenomeno sempre più diffuso e non sempre, agevolmente risolvibile.
La riforma Cartabia, di cui al D.lgs. 149/2022, ha preso atto della diffusione di detto fenomeno e ha introdotto l’articolo 473- bis n. 6, ai sensi del quale “quando il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice procede all’ascolto senza ritardo, assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e può disporre l’abbreviazione dei termini processuali.
Allo stesso modo il giudice procede quando sono allegate o segnalate condotte condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l’altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale“.
Dunque, la riforma del processo civile e di famiglia, ha attribuito al giudice un ruolo centrale, conferendogli una funzione attiva nell’ascolto del minore, da condurre personalmente, con l’eventuale ausilio di esperti, identificabili con il mediatore familiare, il coordinatore genitoriale, il consulente tecnico d’ufficio, o l’assistente sociale (ma non con delega ad un esperto – art. 473-bis.5 c.p.c.). Il giudice, nel post- riforma, non dovrà limitarsi a raccogliere la volontà del minore, ma dovrà valutarla e analizzarla, in vista della soluzione del problema, con riferimento all’età, alla capacità di discernimento e al grado di maturità.
La Corte EDU , peraltro, ha affermato, più volte, il principio secondo il quale le autorità nazionali sono tenute ad adottare misure adeguate a favorire il riavvicinamento tra il genitore e il figlio non conviventi, bilanciando tale obbligo con il superiore interesse del minore e i diritti a lui riconosciuti dall’art. 8 della Convenzione. (CEDU 2.11.2010 – Piazzi c. Italia; Sent. CEDU 12.10.2023 – Landini c. Italia).
In conformità ai principi sovranazionali, la Corte di Cassazione ha precisato che se un minore, con piena consapevolezza delle proprie emozioni e motivazioni, prova un forte sentimento di rifiuto o addirittura di repulsione nei confronti del genitore non affidatario, e tale sentimento è talmente radicato da non poter essere superato facilmente neanche con il supporto di specialisti, si può arrivare alla sospensione completa degli incontri (Cass. civ., sez. I, ordinanza dd. 5 agosto 2024, n. 21969, reperibile sul sito ONDIF, www.osservatoriofamiglia,it).
A fronte di quanto sopra, rimangono alcune ombre sul tema del rifiuto genitoriale, che la riforma non ha risolto: la scarsa specializzazione degli operatori, il rifiuto del figlio neomaggiorenne, la necessità di potenziare i percorsi e i sostegni pubblici per la risoluzione di queste problematiche.
Un intervento rapido ed efficace consente, difatti, non solo di tutelare il benessere psicofisico del minore, proteggendolo da eventuali situazioni pregiudizievoli, ma anche di esplorare eventuali strategie per il recupero della relazione genitoriale, sempre nel rispetto delle esigenze e dei diritti del minore, nell’ottica della promozione del suo superiore interesse.
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