Con la Legge 8 marzo 2001 n. 40, di modifica dell’Ordinamento Penitenziario è stata introdotta la misura alternativa alla detenzione domiciliare. (Art.47-quinquies, comma 7, legge 26 luglio 1975, n. 354)

Con tale importante innovazione legislativa, a tutela della prole di età inferiore ai 10 anni, si è voluto consentire alle madri di espiare la pena nel proprio domicilio o in altro luogo di privata dimora, di cura di assistenza o accoglienza affinché possano prendersi cura personalmente dei figli.

La detenzione domiciliare speciale può essere concessa quando non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 47-ter (pena inferiore ai 4 anni), solo se non sussiste un concreto pericolo di reiterazione dei reati e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli.

La detenzione domiciliare speciale può essere concessa, alle stesse condizioni previste per la madre, anche al padre detenuto, se la madre è deceduta, o impossibilitata ad assistere i figli, e non vi è modo di affidarli ad altri che a lui.

La Corte costituzionale, con sentenza 18 aprile 2025, n. 52 (in G.U. 1ª s.s. 23/04/2025, n. 17), ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies, comma 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), limitatamente alle parole «e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre»”. 

La Corte di cassazione penale, Sez. I, con la sentenza 2 luglio 2025, n. 24362 ha preso atto della circostanza che nella fattispecie oggetto del giudizio, la madre, libero professionista, non poteva dedicarsi in maniera continuativa al suo lavoro a causa dell’impegno profuso per seguire i figli e che, pertanto, il marito detenuto doveva subentrare nel ruolo di genitore affidatario.

Quindi, ha sostenuto il principio, affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale richiamata, secondo cui, in caso di madre impossibilitata a prendersi cura dei figli minori anche per esigenze professionali, può essere concessa la misura alternativa della detenzione domiciliare ex art. 47 quinquies ord. pen., al padre, in applicazione del principio di parità genitoriale inteso come indirizzo educativo e come concorso al mantenimento.

La tendenza giurisprudenziale seguita dalla Corte è quella che promuove l’uguaglianza di genere e la condivisione delle responsabilità familiari e che afferma che il ruolo paterno nella cura dei figli non può venire in secondo piano rispetto a quello materno specie se si dimostra che la madre non può assolvere da sola ai doveri genitoriali.

La decisione si caratterizza per la tendenza ad affermare un diritto penitenziario sempre più a tutela dei soggetti deboli soprattutto nell’ambito familiare a conferma che il carattere afflittivo della pena non può mai sacrificare i diritti fondamentali della persona.

Avv. Carmela Bruniani

The featured image (which may only be displayed on the index pages, depending on your settings) was randomly selected. It is an unlikely coincidence if it is related to the post.

Lascia un commento