PER CHI AVEVA METE ULTERIORI DA RAGGIUNGERE, NEI PARAGGI.
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Lunga e stretta, un paio di slarghi in mezzo, qualche intersezione.
Collegava in particolare Sant’Angelo, da cui si poteva accedere poi a Santo Stefano e più in là all’Accademia e a Dorsoduro, con il campo Manin, il che voleva dire poi San Luca, San Salvador e San Bartolomeo fino a Rialto; e immetteva poi, verso la metà, attraverso l’incrocio con Calle degli Assassini, alle zone attorno a Campo San Fantin – il che voleva dire poi la Frezzeria o la Via XXII Marzo, comunque verso piazza San Marco.
Nei pressi di Calle della Mandola c’erano poi altri riferimenti, artigianali e commerciali, di vario genere; cui mi ero via via abituato.
Il fabbro di Calle della Madonna, quasi all’imbocco con Sant’Angelo; una specie di antro dell’aldilà, fumante e minaccioso, ci passavo davanti andando a scuola, vedevo scintille e ferri incandescenti, mi spaventava ogni volta. L’osteria di Rio Terà degli Assassini; non c’entravo mai personalmente, scorgevo il viavai di clienti però, arrivava da lontano un sentore di vino rosso, acre e pesante, mi rimescolava un po’ lo stomaco. L’edicola in campo Sant’Angelo, sostavo davanti a lì ogni pomeriggio: scorrendo avidamente – classiche, più audaci, mai viste – le copertine dei fumetti, italiani o stranieri, che un giorno sognavo di leggere.

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