La recente sentenza del Tribunale di Novara n. 357/2025 costituisce un importante ed innovativo paradigma giurisprudenziale nella materia della responsabilità civile extracontrattuale in ambito sanitario, affrontando la delicata tematica del diritto del coniuge a stare accanto al familiare ricoverato negli ultimi momenti di vita, e la legittimità delle limitazioni imposte dalla struttura sanitaria ove tali cure si svolgono, soprattutto in un contesto emergenziale come quello pandemico da COVID-19.
Il caso trae origine dal rigido contesto normativo emergenziale, in cui una struttura RSA , limita gli accessi ai visitatori, inclusa la coniuge del paziente, motivando la decisione della limitazione con le norme di prevenzione del contagio pandemico.
In tale quadro, la coniuge lamenta la lesione del proprio diritto fondamentale a prestare assistenza morale nel momento più grave, sottolineando il profondo impatto esistenziale della privazione dell’ultimo saluto.
Le norme vigenti nel periodo – atti quali D.P.C.M. e linee guida del Ministero della Salute e della Regione Piemonte – riconoscono il potere discrezionale delle strutture sanitarie nel limitare o gestire gli accessi, ma indicano anche un obbligo di contemperare queste misure con la tutela degli interessi emotivi e affettivi dei familiari, suggerendo soluzioni che evitino l’isolamento affettivo, come le video-chiamate o gli incontri in apposite aree protette.
La sentenza esplicita come il potere discrezionale della struttura, pur riconosciuto, non sia assoluto né insindacabile: il giudice può sindacare l’esercizio di tale potere alla stregua di quanto avviene nel diritto amministrativo, verificandone i limiti in relazione al corretto esercizio e all’assenza di eccessi. Nel caso di specie, il Tribunale ravvisa un eccesso di potere, rilevando la mancata predisposizione di forme adeguate di accesso in sicurezza e una tempistica tardiva nella comunicazione dell’imminente decesso e nel consentire l’ultimo accesso, con conseguente lesione del diritto della parte attrice.
Questa impostazione evidenzia la necessità di un bilanciamento fra esigenze di tutela della salute collettiva e diritti fondamentali della persona e della famiglia, specialmente in momenti terminali di vita.
Il danno subito dalla coniuge è qualificato come danno non patrimoniale di tipo esistenziale e morale, riconosciuto come risarcibile secondo gli artt. 2043, 1226 e 2056 c.c. La sentenza ribadisce il principio della liquidazione equitativa, adottata in una situazione di difficoltà probatoria, poiché il danno riguarda un ambito esperienziale soggettivo che non si presta a quantificazioni precise.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione consolidata conferma che il danno esistenziale è risarcibile anche in assenza di lesione della salute fisica o psichica, purché sussista un collegamento diretto e concreto con l’evento dannoso, e possa essere adeguatamente motivata la quantificazione equitativa, in relazione alle condizioni personali della vittima e al turbamento subito.
Nel caso esaminato, la somma liquidata (5.000 euro) tiene conto dell’entità moderata del danno e dei criteri equitativi dettati, senza entrare in automatismi, ma riflettendo una valutazione consapevole del percorso di sofferenza manifestato dalla parte attrice.
La sentenza in esame offre diversi spunti di riflessione:
– Limiti del potere discrezionale privato in materia sanitaria: anche soggetti privati che gestiscono strutture sanitarie devono bilanciare la loro autonomia organizzativa con i diritti fondamentali degli utenti e dei loro familiari, pena la responsabilità extracontrattuale per eccesso di potere.
– Equilibrio tra esigenze di salute pubblica e tutela dei diritti umani: l’emergenza sanitaria impone restrizioni, ma non può escludere forme ragionevoli di accesso e di sostegno morale, specialmente in situazioni di fine vita.
– Rilevanza crescente del danno non patrimoniale: la giurisprudenza riconosce pienamente il risarcimento per la sofferenza morale ed esistenziale, anche in assenza di danni patrimoniali o lesioni psico-fisiche, ampliando la disciplina del risarcimento del danno.
– Adeguatezza e proporzionalità delle misure restrittive: il caso insegna l’importanza di un esercizio prudente e calibrato del potere di limitare diritti nell’interesse di terzi, con particolare attenzione alla tempestività e alla correttezza nelle comunicazioni.
La sentenza n. 357/2025 del Tribunale di Novara rappresenta quindi un significativo contributo alla giurisprudenza di responsabilità civile sanitaria e di tutela dei diritti personali, soprattutto in contesti emergenziali.
Essa sottolinea come il rispetto della dignità e del fondamentale diritto di assistere i propri cari in fase terminale imponga scelte organizzative attente, e come il mancato bilanciamento delle esigenze in gioco possa configurare responsabilità risarcitoria per danni non patrimoniali di rilevante impatto umano e sociale.

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