L’amministrazione di sostegno presuppone una condizione attuale di menomata capacita’ della persona che la ponga  nell’impossibilità di provvedere autonomamente in tutto o in parte ai propri interessi e anche qualora si prospetti una condizione di prodigalità, per giurisprudenza ormai consolidata, nell’interesse del beneficiario può instaurarsi un procedimento di amministrazione di sostegno.

Generalmente, peraltro, si ritiene che la prodigalità non costituisca di per sè, necessariamente, espressione di una patologia psichica o psichiatrica e possa non essere basata sulla constatazione di alterazione delle facoltà mentali del beneficiando attestata da medici, ma su concrete condotte tali da porlo a rischio di indigenza.

Per quanto riguarda la prova di tale condizione, la prodigalità può desumersi anche da presunzioni gravi, precise e concordanti, ricavate dal complesso degli indizi, da valutarsi, d’altra parte, non atomisticamente, ma nel loro insieme.

Queste le considerazione della corte di cassazione, adita da con ricorso avverso la riforma in appello del provvedimento che aveva riconosciuto la necessità della nomina di un amministratore di sostegno in favore dell’ex marito della ricorrente, pecipiente da costui assegno di mantenimento.

La pronuncia di legittimità ravviserà, perciò, la necessità di cassare il decreto impugnato in cui, affermata l’assenza di patologie psichiche, si procedeva ad una valutazione atomistica, e non complessiva, degli elementi, anche indiziari, acquisiti, senza ulteriori approfondimenti istruttori, possibili anche ex officio.

Cass. civ. 36176/2023

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