La commissione Cultura della Camera ha dato il via libera a un emendamento, che introduce regole stringenti sull’educazione alla sessualità nelle scuole italiane. La proposta – approvata durante l’esame del disegno di legge sul consenso informato, presentato dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara – stabilisce che l’educazione sessuale potrà essere impartita esclusivamente negli istituti superiori e solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione esplicita dei genitori. Le famiglie, inoltre, dovranno conoscere in tempi utili gli argomenti che verranno trattati e il materiale didattico che sarà utilizzato durante le lezioni. Nelle scuole primarie e nelle secondarie di primo grado, invece, il no è categorico: niente educazione alla sessualità nelle aule scolastiche frequentate dai più piccoli.
La misura rappresenta una vera e propria inversione di marcia rispetto alle pratiche finora adottate in molti istituti scolastici, dove associazioni e professionisti esterni venivano spesso coinvolti in progetti di educazione all’affettività e alla sessualità rivolti anche ai più giovani.
La reazione delle forze di opposizione non si è fatta attendere ed è stata durissima. Per alcune in questo modo l’Italia rischia di tornare al Medioevo. Per altri l’emendamento è da ritenersi oscurantista e lesivo dell’autonomia scolastica, tenuto conto che l’Italia è già tra i pochi Paesi europei che non rendono obbligatoria l’educazione sessuale negli edifici scolastici.
Lo scontro politico sulla scuola si fa così sempre più acceso e attraversa trasversalmente diverse questioni, che vanno dall’educazione alla sessualità alla riforma degli esami, dalle competenze delle famiglie all’autonomia degli istituti. Un confronto destinato a proseguire nelle prossime settimane, quando il disegno di legge sul consenso informato e il decreto sulla maturità dovranno completare il loro iter parlamentare.

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