In questi giorno sto vivendo un’esperienza particolare, – che non ho mai avuto il piacere di sperimentare in precedenza – quella cioè di essere presidente di commissione degli esami di stato di una classe serale di un istituto tecnico. In realtà ho scoperto la straordinarietà della cosa non subito, ma dal momento in cui hanno avuto inizio i colloqui, perché prima, nonostante le informazioni deducibili dal Documento del 15 maggio, nonostante la bravura dei commissari interni nel rappresentare al meglio i percorsi di vita di questi studenti lavoratori, alcuni non proprio giovani, nonostante le parole scambiate con gli stessi candidati durante lo svolgimento delle prove scritte, non mi ero proprio resa conto di come tutto questo avrebbe arricchito il mio bagaglio di docente, ormai in pensione. Ma soprattutto quello di essere umano.
Perché queste donne e questi uomini, italiani e immigrati, che hanno avuto vite molto diverse tra loro, mi stanno insegnando quanto la scuola sia importante. Quanto sia centrale all’interno di un contesto sociale, in cui non è facile muoversi e farsi rispettare se non si è istruiti.
Incredibile a dirsi dopo più di quarant’anni di onorata carriera tra i banchi di scuola!
Ho scoperto finalmente in maniera concreta – toccandolo con mano nel vero senso della parola – come la cultura, il sapere, la conoscenza siano i fondamenti primari della democrazia. Perché questi studenti, che avevano abbandonato gli studi per una serie di problematiche – tutte particolarmente difficili – che avevano di fatto sconvolto le loro vite, hanno deciso di frequentare il corso serale per riscattare il loro fallimento, per sciogliere i nodi delle loro esistenze interrotte, avendo compreso che vivere nell’ignoranza significa soprattutto essere manipolabili e contenibili, mentre la conoscenza apre strade concrete di partecipazione attiva, spinge a pretendere quello che spetta, dà dignità e diritti. E questo vale ancor di più per le donne, sottomesse e relegate a ruoli marginali all’interno della società ma anche della famiglia. Per queste ultime la scuola diventa la vera chiave di volta della loro effettiva emancipazione.
Ognuno di loro sta regalando a me e agli altri membri della commissione parole e lacrime, in cui è facile risalire al personale bisogno di essere amati, accuditi, rispettati, alla necessità di sentirsi parte integrante di una comunità, che accoglie, supporta e incoraggia ad andare avanti, senza più scheletri nell’armadio, che possano impedire di vivere in pienezza la propria esistenza.
A.M.
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