Nicola Gratteri, procuratore capo di Napoli, nel corso del Festival internazionale del libro di Taormina, dove ha presentato la sua ultima opera “Una cosa sola”, ha sparato a zero sui “genitori 50enni che vogliono fare i 25enni”, definendoli egoisti e veri protagonisti dell’attuale fallimento educativo italiano, in cui sono coinvolti pure i docenti, che invece di dedicare tutto il tempo disponibile all’insegnamento sono costretti “a scrivere pareri”, perdendosi nella “troppa burocrazia”.

Il procuratore ci consegna un quadro dell’odierna società veramente drammatico, in cui sembrano non esistere più i riferimenti morali, in cui ciò che conta è più l’avere che l’essere e in cui si viene giudicati per quello che si possiede, non per quello che si è per davvero, per le proprie qualità e capacità interiori. Ed è facile in questo contesto farsi sedurre dal valore attribuito al denaro, agli status symbol, ai numeri sui social, alle labbra gonfie di silicone, ai muscoli “pompati” nelle palestre, mai così affollate come negli ultimi anni. Ma in questo continuo bisogno di accumulare ciò che piace, si rischia di perdere il senso più autentico dell’esistenza: le emozioni, le relazioni, le passioni, i valori, cioè quello che resta quando tutto il resto si spegne. Ma soprattutto – e questo è ancor più grave – non si è più capaci di insegnarlo.

A suo avviso è in atto una profonda trasformazione culturale, dove a prevalere è la mentalità materialista che ha spodestato i valori tradizionali. I genitori, sempre più chiusi nel loro individualismo sfrenato, nel desiderio di appagare le proprie insulse voglie, nelle fragilità personali, nella mancanza dei necessari strumenti emotivi non si curano più dei figli come dovrebbero fare. Diventa evidente che si rischia in questo modo a breve di trovarsi all’interno di una società completamente destrutturata, dove mancano punti fermi come il rispetto, la solidarietà, la giustizia, la responsabilità e tutto tende a diventare fluido, incerto e spesso disumanizzante. Senza valori condivisi, anche il senso di comunità si sfalda. Si parla tanto di diritti, ma meno di doveri, si invoca la libertà, ma talvolta ci si dimentica che senza etica, essa può trasformarsi in egoismo.

Di certo un’analisi così dura viene al procuratore capo dalla profonda conoscenza della realtà napoletana, in cui sono evidenti le conseguenze dell’abbandono educativo genitoriale. È chiaro infatti che tutti quei giovanissimi che gironzolano nelle vie più popolari di Napoli, senza una guida vera, finiranno per accrescere le fila delle organizzazioni criminali e – come lui stesso ha dichiarato – “saranno garzoni di camorra”, quella “bassa”, che usa i minori per trasportare armi e droga. 

Ma se questo accade nella città partenopea nelle altre parti d’Italia la situazione non è certamente rosea e risulta sempre più evidente che è impossibile per genitori scostumati, che si comportano in modo contrario alle norme della morale e del decoro, educare al meglio i propri figli.

Eppure, forse, non tutto è perduto. Ogni crisi di valori è anche un’opportunità: quella di riscoprirli, ridefinirli, adattarli ai tempi nuovi senza perderne l’essenza. Magari non servono dogmi rigidi, ma principi vissuti e incarnati nel quotidiano.

A.M.

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