I genitori, una volta decisi ad assicurare al figlio quella rete difensiva, o in mancanza i Servizi Socio-sanitari, si rivolgono all’apposito Ufficio del Comune. Si attiva un procedimento teso alla confezione del Progetto: mirante a raccogliere cioè, sotto la regia di un esperto incaricato dal Comune, i dati biografici necessari.
“Materiali che forniranno via via il disabile stesso, gli esperti che lo hanno seguito, i genitori, i restanti membri della famiglia”.
Nessun dettaglio trascurato: abitazione quale e con chi, tipi di film, di giochi, di fumetti, insofferenze coi negozi, con le pizzerie, i gelatai, gusti nei vestiti, nei colori, verso gli animali, le stagioni, automatismi col frigo.
Il tutto convogliato entro un format di una decina di pagine.
Documento destinato a essere parte, per un verso, della carta di identità della persona. Da trasfondere, per altro verso, nell’apposito registro del Comune; a sua volta in rete con la Banca-dati nazionale dei Progetti esistenziali di vita.
“Da allora in poi nessuno operatore avrà facoltà di prendere decisioni, sul conto di quella persona, qualora non abbia prima consultato il Progetto esistenziale di vita”.
Consultazione scrupolosa, al microscopio; specie dopo che i genitori siano mancati.
E ogni scelta difforme dal Progetto – riguardante il cibo, il tragitto della carrozzina nelle passeggiate, la presenza nei social, il colore delle tende – sarà impugnabile presso il Giudice tutelare.
Ogni tanto il testo se invecchia andrà aggiornato; un organo apposito in Municipio vigilerà su quella persona, minuziosamente: verificando che funzioni tutto al meglio, mese per mese.
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