In questi giorni è montata la polemica sull’apertura, nel municipio VI di Roma, di uno sportello per gli  uomini ‘maltrattati’. Valeria Valente, presidente della Commissione femminicidio al senato della scorsa legislatura,  è stato oggetto di messaggi da parte di hater che l’hanno insultata in ogni modo per aver espresso il suo parere sull’iniziativa. Fermo restando il fatto che ogni violenza va perseguita, non si può fare della violenza sugli uomini da parte delle donne un capitolo specifico, un percorso di tutela come quello istituito per le donne nei temini indicati anche  dalla Convenzione di Istanbul. Il fenomeno della violenza maschile sulle donne è stato definito epidemico dall’OMS  nel 2014 e pandemico dalla Banca Mondiale nel 2019. Tanto è stato ribadito dalla senatrice  Valente che ha ricordato come il fenomeno della violenza maschile sulle donne affonda le sue radici in un dislivello di potere che lo rende particolarmente invasivo, lesivo della dignità, e pericoloso per la salute e la vita delle donne. Si tratta di quello che comunemente viene rilevato anche dai mass media: la disparità strutturale di potere  tra uomini e donne – che si riporta anche al gap economico  sanabile tra circa 150 anni – e la cultura  derivata del controllo e del possesso che in linea generale colpisce la relazione intima, di coppia, tra uomini e donne a svantaggio delle donne. Per questo motivo tutto il mondo dell’anti-violenza costituito da associazioni, reti di parità uomo/donna, centri anti violenza, sindacati,  singoli personaggi della politica, ecc. è sceso in campo nella difesa di questa prospettiva sostenuta dalla senatrice e contro l’abuso dei  messaggi via web, da parte di soggetti maschili che hanno confermato in questo modo la loro propensione verso la violenza e la violenza contro le donne. 

A valle di questa polemica, che da alcuni anni va avanti in Italia, ci sono dati ballerini e interpretazioni fai-da-te; per dare una prospettiva di contesto che riporti al discussione sulla realtà dei fatti  vorrei in modo sommario citare alcune fonti che restituiscono al tema la sua oggettività: L’OMS e l’UNODC.  L’OMS  nel  suo rapporto mondiale sulla violenza del 2002 ha affermato: “Ricerche recenti condotte nei Paesi industrializzati hanno evidenziato come le forme di violenza da parte del partner non siano uguali in tutte le coppie che vivono una situazione di conflitto. Sembra esistano almeno due modelli: una forma di violenza progressiva caratterizzata da molteplici forme di abuso, terrore e minacce, nonché da un atteggiamento possessivo e di controllo sempre maggiore da parte dell’abusante; una forma più moderata di violenza all’interno della relazione in cui frustrazione e rabbia continue sfociano occasionalmente in aggressione fisica… I ricercatori ipotizzano che le indagini di popolazione siano più adatte a individuare il secondo tipo di violenza, più moderata – chiamata anche “violenza della coppia normale” – piuttosto che il tipo più grave di abuso, noto come “maltrattamento”. L’indagine sulla tipologia di conflittualità di coppia vede dati statistici di “violenza minore” che tendono a equivalersi tra uomini e donne. Al contrario i casi di violenza maggiore, sistematica con danni evidenti, ha le donne come vittime prevalenti della coppia”. 

Questa puntualizzazione sulle  differenze nelle forme di violenza, dovrebbe poter abbattere le polemiche sul fatto che anche gli uomini possono subire violenze nel rapporto di coppia, ma senza o solo in pochi casi sfociare in forme di maltrattamento grave che comportano l’asservimento, il controllo, effetti gravi sulla salute e sulla riduzione di libertà personale, cose che vediamo accadere nella violenza maschile sulle donne  in modo molto più frequente (o sproporzionato) fino al femminicidio. 

Anche sugli omicidi di donne vi è polemica, allora anche su questo punto è importate citare dati oggettivi tratti da UNODC (United Nations Office On Drugs And Crime),  GLOBAL STUDY ON HOMICIDE, 2018/22. Sul piano statistico, è vero che gli uomini sono più implicati come vittime degli  omicidi a livello generale; un rapporto di 80% circa di uomini rispetto alle donne che sono vittime di omicidi  nel 20% dei casi totali. Ma il rapporto per quanto riguarda gli omicidi si inverte nelle situazioni familiari e nelle relazioni di coppia (82% sono le donne vittime  e 18% gli uomini). 

Passando poi a visionare le statistiche che riguardano le violenze e i reati gravi di violenza in generale, scopriamo un altro dato importante che gli uomini sono oggetto di violenze più gravi (e anche in numero maggiore delle donne)  nel contesto sociale generale che comprende anche la violenza domestica,  ma  nella stragrande maggioranza dei casi gli autori sono altri uomini; il viceversa avviene per le donne. Ecco quindi quanto riportato da U.S. Department of Justice Office of Justice Programs Bureau of Justice Statistics, Criminal Victimization, Revised July 5, 2023: circa l’80% delle violenze gravi sugli uomini è perpetrato da uomini, e circa il 70% delle violenze gravi sulle donne è perpetrato da uomini, le restanti violenze per ciascun genere sono attribuite alle donne e agli uomini insieme alle donne. 

I dati reali sulle violenze gravi, perpetrati in maggioranza da uomini, confermano la necessità che le donne siano sostenute da politiche ad hoc socio-sanitarie e giudiziarie.  Mentre il profilo statisticamente più violento degli uomini, sia a livello sociale che nelle relazioni intime,  suggerisce che esso sia inserito in quelle iniziative, previste anche dalla convenzione di Istanbul, che sono gli sportelli per gli uomini maltrattanti o violenti (e non maltrattati) che possono ledere le donne nella relazione intima (ma anche gli uomini) e uomini e donne nel contesto sociale generale. La cultura della violenza – che viaggia in prevalenza sulle gambe degli uomini, in virtù di un potere da loro gestito sia nel sociale che nella famiglia –  va combattuta quindi sia a livello generale che nello specifico (che è la violenza più odiosa, quella  sulle donne e sui bambini  nella relazione di coppia e familiare) adottando strategie adeguate all’origine, alle cause, ai contenuti , alle conseguenze e  all’estensione dei fenomeni, senza invischiarsi in  posizioni ideologiche che vogliono in modo derealistico portare avanti incongrue politiche paritarie.

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