Mentre da un lato si susseguono, finalizzate a combattere la violenza sulle donne e sui minori, le campagne e gli appelli per prevenire e abbattere le cifre della violenza di genere contro le donne e i femminicidi, nonché campagne nazionali (Centro Studi Protocollo Napoli) che vogliono colpire la disinformazione sull’alienazione genitoriale e il rifiuto del bambino verso il genitore violento; dall’altro lato notiamo un rinnovato slancio per affermare – contro le madri e contro le vittime di violenza – il diritto indiscusso e indiscutibile dei padri alla bigenitorialità, di contro leggi e convenzioni a tutela dei bambini e delle bambine.
Non vogliamo qui sostenere una crociata contro i padri, ma vogliamo che quando i padri si macchiano di reati contro la famiglia non siano considerati dei genitori idonei.
In questo contesto acceso di polemiche, ci siamo imbattuti in un DDL del governo, per molti versi condivisibile, il DDL 1866/25 (che riguarda il monitoraggio degli istituti di accoglienza per minori) ma abbiamo individuato in esso un emendamento, pericoloso per donne e bambini, che ha cercato di includere, senza nominarle, in un contesto civilistico di ascolto dei minori, le linee guida della Carta di Noto IV che riguardano l’ascolto del bambino in un altro contesto, quello della testimonianza in ambito penale.
L’intento evidente è stato quello di normare una prassi per altro non scientificamente supportata ma sostenuta da un gruppo di professionisti che condividono nelle aule dei tribunali il ricorso alla PAS e all’alienazione parentale.
Questi principi infatti contenuti nell’emendamento 1.6 al DDL 1866 (art. 4 bis) a carattere clinico-psicologico, desunti dalla Carta di Noto IV (specifichiamo, firmata da 16 professionisti della materia, psicologi in prevalenza, alcuni avvocati e un giudice) non hanno valore prescrittivo in campo medico-sanitario, né in campo giudiziario come più volte affermato dalla cassazione (Cass. Pen. 15930/13; Cass. Pen. 648/17; Cass. Pen. 41111/19).
Anzi nell’ultima sentenza di cassazione (41111/19) leggiamo: “In tema di testimonianza del minore vittima di abusi sessuali, il giudice non è vincolato, nell’assunzione e valutazione della prova, al rispetto delle metodiche suggerite dalla cd. “Carta di Noto”, salvo che non siano già trasfuse in disposizioni del codice di rito con relativa disciplina degli effetti in caso di inosservanza, di modo che la loro violazione non comporta l’inutilizzabilità della prova così assunta”.
Da questa lettura traiamo un indizio della reale finalità dell’emendamento qui in discussione e cioè che i sostenitori della Carta di Noto IV abbiamo cercato un posizionamento giuridico per alcune affermazioni di stampo psicologico-clinico vicine al costrutto ascientifico della PAS, ovvero il discredito del minore testimone e le dichiarazioni del minore inserite in prevalenza nel quadro di un’ incapacità a testimoniare perché condizionate da altri e/o per elevato grado di suggestionabilità desunto da un ambiente definito come altamente conflittuale.
Gli autori dell’articolo, partendo da queste premesse sulla non aderenza dell’emendamento al DDL, non ravvisandone la coerenza con l’impianto e il contenuto, e sull’intento opportunistico di elevare a norma di legge linee guida psicologiche, per altro non condivise dalla comunità scientifica, fanno un’analisi di decostruzione dell’impianto metodologico e concettuale dei vari punti della carta di Nota IV , specificatamente riportati nell’emendamento. Nel risultato finale si ravvisa la direzione dell’emendamento che torce i diritti del minore fino a considerare sempre non credibili le sue dichiarazioni quale testimone, soprattutto quando persona offesa di un abuso.
Questo l’incipit dell’emendamento 1.6 che introduce l’art. 4 bis:
« Art. 4-bis. 1. Ai fini della decisione relativa all’affidamento familiare, l’ascolto e la valutazione del minore devono essere effettuati in conformità ai seguenti criteri e princìpi”. E di seguito vengono trasferiti i principi della Carta di Noto IV.
Gli autori quindi dichiarano che:
“- è inaccettabile cercare di fornire furtivamente, senza menzionare la fonte, un carattere prescrittivo a principi e linee di indirizzo siglate da un piccolo gruppo di professionisti; anche se – diciamolo pure – nulla cambierebbe anche se fossero sigliate da numerosi e accreditati esperti o associazioni professionali, perché significherebbe da parte di più gruppi (associazioni/società) aver avuto un mandato istituzionale alla selezione delle numerose linee guida in materia della testimonianza del minore presenti sia a livello nazionale che internazionale; infine sul piano generale non sono presenti nella Carta di Noto le connessioni tra abuso sui minori e violenza domestica, ben presenti nella letteratura internazionale come overlap individuabile fino al 95% % come maltrattamento assistito, nel 62% come maltrattamento diretto fisico e psicologico, in varie percentuali poi come abuso sessuale;
è inaccettabile che “la Carta di Noto IV si presenti come Linee guida per l’esame del minore, quando le linee guida vengono proposte dalle maggiori società scientifiche per ciascuna disciplina medica sulla base delle evidenze scientifiche più aggiornate, corredate della bibliografia più significativa; cosa che nella Carta di Noto è il grande assente, per cui queste linee guida non hanno alcun crisma di scientificità e non possono aspirare, nel mare magnum di altre linee guida appartenenti a singole società e associazioni, a ottenere un valore prescrittivo valido erga omnes.
In sintesi gli autori affermano che “La buona occasione che ci ha offerto questo emendamento è stata allora quella di rappresentare e pubblicizzare la Carta di Noto IV quale strumento di svalutazione delle testimonianze dei minori e di occultamento della violenza domestica, valutandone la carenza di scientificità così come si è fatto per il costrutto dell’alienazione parentale, con cui questa Carta condivide la mission di penalizzare le donne e di ribaltare come boomerang su di loro il peso delle denunce e accuse contro i partner e contro i padri”.
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