La politica c’Γ¨ sempre stata nei momenti storici dello sport italiano. Basti pensare al vittorioso Mondiale di calcio di Spagna ’82, quando anche il Presidente della Repubblica Sandro Pertini entrΓ² nell’immaginario comune grazie alle sue colorite esultanze per i gol di Rossi, Tardelli e Altobelli, oltre che alla mitologica partita a carte sul volo di ritorno con i campioni del mondo Zoff, Causio e Bearzot. Con lui, per la finale di quel mundial con la Germania, arrivarono anche due ministri della Repubblica con dei voli di linea perchΓ© c’era la sensazione di poter scrivere una pagina importante non solo dello sport ma anche del racconto epico collettivo del nostro Paese. Non c’erano ancora i social e forse la vicinanza delle istituzioni si poteva esprimere solo cosΓ¬, dal vivo. Adesso, 43 anni dopo, un altro importante traguardo per l’Italia tout court si Γ¨ materializzato ma senza alcun rappresentante della politica ad applaudire e sostenere Jannik Sinner, primo connazionale a trionfare sull’erba di Wimbledon in quello che Γ¨ il tempio per eccellenza del tennis.
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Chi tifa per Sinner? Intendiamoci a uno come Jannik non sarΓ interessato troppo il mancato supporto diretto dei vertici dello Stato: per indole l’altoatesino Γ¨ bravissimo nel confidare solo sul proprio entourage, tenendo fuori tutto ciΓ² che non Γ¨ strettamente legato al tennis. Poi, quando sei sul campo principale dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club pronto alla rivincita col tuo rivale per eccellenza, probabilmente hai altro a cui pensare. Non stai lΓ¬ a pensare “chissΓ se c’Γ¨ a battere compostamente le mani per me almeno un ministro senza portafoglio?”
Eppure, in un mondo come quello odierno dove lo sport Γ¨ uno strumento politico (si pensi all’uso che ne fanno le monarchie arabe del Golfo), presenziare a certi eventi ha un senso ancora maggiore, che trascende i meri doveri di rappresentanza. Nella giΓ citata finale del Bernabeu, Pertini prese regolarmente posto a fianco al padrone di casa (il re spagnolo Juan Carlos) e all’allora cancelliere tedesco Helmut Schmidt. Ieri nel palco reale del Centre Court c’era un altro regnante iberico in veste di tifoso numero uno del “suo” Carlos Alcaraz, seduto a fianco agli aristocratici di casa (il principe William e la principessa Kate con i figli George e Charlotte) ma mancava comunque qualcuno a fargli compagnia: sembrava esserci una sedia vuota, un’assenza pesante.
Chi rappresentava Sinner e soprattutto l’Italia? Certo, dallo stesso palchetto spuntavano anche le teste dellβambasciatore italiano a Londra Inigo Lambertini e della moglie Maria Grazia Gragnano ma sembrava un po’ pochino per un evento di tale portata simbolica. La sensazione era quella di essere a una festa di laurea dove si erano presentati solo i lontani zii da Londra e non i genitori. Certo, c’era anche il capo della Federtennis Angelo Binaghi, bravo a celebrare un trionfo che Γ¨ l’apice per un intero movimento: “Siamo un fenomeno nazionalpopolare. Il tennis italiano Γ¨ una corazzata. Abbiamo il tennista piΓΉ forte al mondo e non Γ¨ un caso isolato perchΓ© abbiamo la Paolini che ha vinto Roma, Musetti che Γ¨ numero 7 e con Jannik potremmo avere due italiani alle finali di Torino; Cobolli, Berrettini che dobbiamo recuperare, Sonego, 8-10 giocatori che il mondo ci invidia”. Eppure forse la nostra politica non ha capito ancora la portata di questa storia, che tocca l’apice con tale impresa.
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