Ormai gli esami di stato si sono conclusi in tutto il territorio nazionale. E come sempre si fa il punto su quello che è andato bene e sulle cose che potrebbero avere necessità di essere migliorate. Il punteggio di ammissione, le prove scritte, il colloquio, il PCTO, l’Educazione Civica, il “Capolavoro”, ecc. ecc. tutto entra nel mirino del Ministero e di quanti appartengono al mondo della scuola, ma soprattutto di chi prova un profondo piacere a continuare l’opera denigratoria nei confronti di questa istituzione, che per le sue peculiarità presta il fianco a ogni tipo di lamentele da parte degli studenti, delle famiglie, degli stessi docenti e di tutti quelli che si riempiono la bocca delle cose che “deve” fare, mentre con grande facilità dimenticano che alla scuola, che svolge un ruolo fondamentale nell’educazione e nell’istruzione degli individui, spetta fondamentalmente il compito di trasmettere il patrimonio culturale, di fornire conoscenze specifiche in varie discipline e di promuove la crescita personale e la formazione completa degli studenti a essa affidati. Che – già detta così – non è poco per nulla, perché verrebbe da chiedersi allora cosa competerebbe di fare agli altri adulti interessati alla loro crescita, cioè alle famiglie innanzitutto!
Quest’anno poi, alle solite e spesso sterili polemiche, si è aggiunto un fatto, che è rimbalzato sulle testate giornalistiche e le Tv nazionali e ha attirato l’attenzione di tutti: la protesta di un piccolo manipolo di studenti, che emuli gli uni degli altri, per protesta contro una scuola per loro inadeguata, hanno pensato bene di non sottoporsi al colloquio, dopo aver svolto regolarmente le prove scritte, il cui punteggio insieme a quello del credito scolastico – accumulato nel corso degli ultimi tre anni – gli assicurava la promozione, avendo raggiunto almeno i 60/sessantesimi.
Intanto, c’è da dire, che questa protesta avrà vita molto breve, dato che il ministro Valditara ha affermato che per il nuovo anno scolastico verrà colmato il vuoto normativo, garantendo la regolare attuazione dell’esame di stato attraverso lo svolgimento di tutte le prove previste, senza la possibilità di poterne evitare qualcuna, pena la bocciatura.
Poi viene da chiedersi perché questa ondata, seppur contenuta, di protesta – perché, in effetti, 3 o 4 studenti non fanno la storia. Da cosa nasce questa volontà di… prendere a calci e denigrare quello che potrebbe essere considerato il primo e importante step di ogni studente che si affaccia alla vita? La protesta contro una scuola sembrerebbe nascere dalla necessità di evidenziare come questa sia eccessivamente attenta alla valutazione piuttosto che all’ascolto del singolo studente e alla sua valorizzazione. In altre parole chi nel corso dell’esame dovrebbe essere sottoposto a valutazione, in questa specifica occasione si è eretto a valutatore di chi dovrebbe valutarlo. Passa da giudicato – si potrebbe dire – a giudicante, sovvertendo di fatto la norma.
È evidente che c’è un vulnus di fondo e cioè quello di sentirsi in diritto di poter rifiutare il giudizio, solo perché non si ritiene che quel giudizio venga incontro ai propri desideri, un gesto sostanzialmente iniquo verso migliaia di coetanei che hanno dovuto e voluto invece sostenere quella prova, per loro vero passaggio dall’età della spensieratezza a quella dell’impegno.
Non c’è, perciò, cosa più sbagliata in questo momento che scendere a patti con questi studenti contestatori per un motivo semplicissimo: se è vero che dalla scuola si pretende che prepari alla vita i ragazzi, come si immagina di fortificarli se si pensa solo a proteggerli, evitando loro di sottoporsi a valutazioni oggettive e meritocratiche? Gli adulti non devono dimenticare mai che i giovani e giovanissimi vanno stimolati, incentivati a dare il meglio di sé – ovviamente ognuno per le proprie capacità, senza inasprirne la competizione – perché l’esistenza non regala nulla a nessuno e voler loro bene significa soprattutto prepararli ad affrontare le difficoltà che ogni santo giorno si troveranno di fronte. Ma se si spronano ad aggirale, ad accontentarsi, ad abbassare la testa di fronte alle proprie paure, ai propri limiti, forse si sta solo evitando di educarli affinché sappiano reagire alle difficoltà e tirare fuori il meglio dal proprio carattere e dalle proprie inclinazioni.
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