1. Questioni centrali della prevenzione?
Scongiurare ab initio mutamenti rischiosi, non graditi al destinatario, temibili per la collettività; cancellando ogni necessità d’intervento, di rimpiazzo successivo.
In quali casi la preveggenza sia preferibile a una sostituzione, dove sarà opportuno non toccar nulla “dopo”, agendo piuttosto a monte (lasciando poi che tutto vada come deve). Quando un rimedio fuori tempo sarebbe una gaffe, per l’interessato o per altri accanto a lui.
2. Nessun dubbio che prevenire (il male in radice) sia abitualmente il partito migliore.
Vero che non sempre è tanto facile.
Così ad es. per la scossa notturna di terremoto, che distrugge la casa, la quale cade sulla testa di un inquilino che prima stava bene – e che perderà al 50% la sua autonomia, psicofisica e funzionale, tanto da necessitare in seguito dell’ausilio di qualcuno (il quale faccia le cose “al posto” suo).
Così ancora per l’ictus inaspettato, che mette in serie difficoltà un giovane padre, il quale era il solo a occuparsi del figlio pre-adolescente, vivente in casa con lui – dopo di che occorrerà provvedere in altro modo, al ragazzo, cercandogli un nuovo focolare (“al posto” di quello precedente).
3. Meglio pensarci in tempo comunque, finché ancora utile e possibile, puntellando gli equilibri esistenti – al diritto converrà farlo nel 90% dei casi, si tratti di cose o di persone.
La madre alcolista al punto da rendere inevitabile, a un certo momento, l’apertura di una procedura di affido, con la ricerca di una famiglia sostitutiva (più o meno provvisoria) per la figlioletta di cinque anni: agli assistenti sociali non si poteva chiedere di darsi da fare, tempestivamente, con congrui presidi o affiancamenti?
La crepa sull’asfalto stradale, dovuta a cattiva manutenzione, ogni giorno più larga, insidiosa: quanto occorreva ai vigili urbani per capire che un bambino ci avrebbe, presto o tardi, infilato un piede correndo – che andava subito avvertito l’ufficio competente in Comune, a scopo di rifacimento del manto, ciò che avrebbe evitato il processo e la condanna risarcitoria in seguito pronunciata?
L’anziana asserragliata in casa, dimenticata lì dentro per anni, data per morta o in cronicario o all’estero: tanto difficile era immaginare che si nascondesse, dietro quella porta, una persona con disagi mentali – donde l’avvio di un programma di assistenza, svolta a domicilio, da parte dei servizi sociali, ciò che avrebbe impedito il break down finale, scongiurando il ricovero in ospizio?
4. Resta da stabilire allora:
– quando (in virtù di quali criteri) sarà opportuno fare luogo a ritocchi/aggiustamenti circa lo status quo dell’interessato: inserendo qualcosa o qualcun altro in luogo di quanto esisteva sin lì;
– quando converrà invece, malgrado le ambasce in cui versa il soggetto, puntare sull’opposta soluzione: lasciando tutto quanto com’è, nella fiducia che le cose si sistemino o in attesa di tempi peggiori (che potrebbero anche non venire).
5. Cambiare sì, ecco la risposta, allorché i benefici offerti dal presente appaiano inferiori, sulla carta, rispetto a quelli che altre strade prometterebbero.
Così ad es. dinanzi alla morte di una persona cara – il consorte, un figlio, un altro familiare, un amico.
Nel film di F. Truffaut La chambre verte, del 1978, vediamo il protagonista (redattore di un giornale di provincia, esperto in necrologi) il quale sceglie di dedicare, a un certo momento, l’intera sua esistenza al culto dei morti.
Penserà solo alla moglie prematuramente defunta, col suo intenso profilo, da allora in avanti; e insieme ai tanti compagni di scuola caduti in guerra (sulla Marna, lui no invece). Si vestirà con severità, rinunciando ad ogni comodità della vita: rifuggendo, pur non senza esitazioni, dall’amore di una fanciulla rimasta toccata dalla sua malinconia, pronta a donargli il cuore.
Devolverà ogni risparmio a far confezionare statue, a edificare cappelle funebri, piene di ceri e lumini sempre accesi.
Che dire al riguardo?
E’ dubbio se in frangenti simili ci sia materia per interventi “forti” del diritto, a scopo di tutela personale, sanitaria: in casi estremi verosimilmente sì; nelle altre ipotesi vi è spazio comunque (ecco il dato da sottolineare) per le indicazioni che fornisce il senso comune, la morale, la stessa religione.
Sacrosanto onorare la memoria, e le sembianze magari, di chi non è più accanto a noi; pochi fra coloro che hanno perduto una persona cara mancano, dopo il funerale, di raccogliersi a sfogliare vecchie lettere, fotografie, di annusare e accarezzare maglie dismesse.
Male però i languori ossessivi, prolungati nel tempo e nello spazio: non è proprio chi ci ha lasciati a sperare per primo – non che altri occupino il “suo” posto, ma – che vi sia al mondo qualcuno pronto a sollevare chi sta ancora piangendolo (se è vero che l’affetto era reciproco) con nuovi motivi di speranza, altre occasioni per essere felice?
6. Nessun cambiamento al contrario quando le cose siano tali da garantire, hic et nunc, vantaggi maggiori rispetto a quanto altri scenari consentirebbero.
Un esempio – frequente in giurisprudenza – è quello del giovane down ben sorvegliato, avvolto nell’affetto dei suoi cari. Non è scontato che il portatore di una sindrome del genere dovrà, al compimento del diciottesimo anno d’età, andare incontro a un regime di amministrazione di sostegno.
Certo non sarà irrilevante, in astratto, la considerazione dei contratti che un down fatica a stipulare da solo: transazioni, appalti, negozi assicurativi, bancari, societari. E il pericolo di truffe e raggiri, da parte di malintenzionati, è spesso incombente in questi casi: gesti di generosità, prestiti, vendite importanti, assegni, cambiali, fideiussioni.
Le controindicazioni di un riassetto “ufficiale” appaiono anch’esse, però, rimarchevoli.
Dal punto di vista psicologico: un evento delicato come un procedimento giudiziale, suscettibile oltretutto di comportare limitazioni all’autonomia negoziale, non è l’ideale per la serenità di nessuno – tanto meno per chi zoppichi già di suo.
Sul piano della funzionalità: non sono pochi i tribunali che stentano già oggi, in Italia, a fronteggiare i ricorsi per AdS corrispondenti a situazioni di stretta necessità; tener fuori dagli uffici i casi meno pressanti sarà quanto mai propizio, per la macchina della giustizia.
Conclusione di massima: ove il nostro neo-diciottenne sia persona che vanta, come spesso accade, (a) una famiglia in grado di occuparsi di lui, assiduamente, che ad ogni istante sa dov’è e cosa fa, nonché (b) un rione abituato a seguirlo con lo sguardo, per la strada o nei caffè o sulle panchine, 24 ore su 24, meglio lasciare tutto come sta.
Vorrà dire che per la stipula degli atti indispensabili si chiuderà un occhio, andando avanti con gestioni tacite, con procure più o meno presunte; per i negozi da impugnare si farà capo eventualmente all’art. 428 c.c., magari alle norme ordinarie sull’invalidità: per i contratti in Internet ci si inventerà qualche password, per quelli al telefono uno scudo ad hoc; per gli illeciti extracontrattuali nulla tanto cambierebbe.
7. Stessa conclusione – di nuovo tratta dalla law in action – per l’ipotesi della madre tossicodipendente la quale fa spesso tardi, al sabato sera, non ha mai soldi per le bollette, dimentica di andare a parlare con le maestre, non paga l’affitto tutti i mesi; e che però è affettuosa con la figlioletta, piena di vita e di progetti, fresca nei toni della voce, adorata dalla bambina.
Oppure per il caso della badante la quale cucina distrattamente, parla un italiano approssimativo, è ruvida, beve di nascosto un bicchierino; e che sa tuttavia come “prendere” l’anziano gentiluomo che le è affidato, lo rincuora ogni giorno, è pulita, non gli fa mai male girandolo sul letto, è abile nel confortarlo.
O magari per il fratello del paraplegico, che vive in casa con quest’ultimo (privo di altri familiari), avendogli sempre fatto da intermediario, premurosamente; e che ogni tanto porta in casa però un’entraineuserumorosa, fa la cresta alla pensione d’invalidità, gioca al poker americano su Internet. Ove emerga l’opportunità di far luogo a un’AdS, qualora la convivenza fra i due non possa non proseguire (per il bene stesso del disabile), quando risulti che ogni intrusione da fuori scatenerebbe malumori, meglio sia proprio quel fratello – stanti alcune garanzie di correttezza – a diventare il neo-vicario, ufficialmente.
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