Henry Duchain

 “Storia per oggi a lezione – me l’hanno raccontata in Comune – quella di Sebastiano”.

Tipo smunto, lo descrivo anzitutto.

Trent’anni, riccioli castani, lo si vede seduto inizialmente sul secondo gradino, fuori della porta; all’ultimo piano di un palazzo signorile, in Salizzada San Samuele.

 Quarta volta che Sebastiano si trova lì; ha suonato al campanello, come sempre nessuno gli ha aperto: aspetta che succeda qualcosa.

Poco si sa dell’uomo che occupa l’appartamento. Di nome Henry Duchain, francese di nascita, sui settant’anni. Vive da solo, fa le spese in fretta, sciarpa e cappellaccio incalcato, non parla mai con nessuno; pare sia da molto tempo a Venezia: segnato, si dice, dal suicidio della giovane moglie, anni prima. Rimasto un mistero. Non è sicuro che in casa ci siano la luce, l’acqua, il gas; cattivi odori escono a volte dalla porta.

Dal tetto fili che spenzolano; la grondaia perde, il telefono fisso non funziona.

Così da anni; nessuno degli assistenti sociali in Comune è mai riuscito a stabilire un contatto. Qualcuno minacciava   ogni tanto di entrare con la forza; parlava di igiene, di vicini spaventati, sbraitava: desisteva infine, paura di gesti inconsulti. 

 L’uomo da dentro non ha mai aperto; finché il Comune non ha chiesto alla Cooperativa di Sebastiano di occuparsi del caso: ecco perché il nostro è lì oggi.

Due mesi che passa Sebastiano, per quelle scale, la prima volta ha bussato delicatamente, sedendosi poi   sull’ultima rampa; ha chiarito per chi lavorava, spiegando di voler entrare per discorrere: ‘Ho un diploma di servizio sociale, sono veneziano, iscritto a psicologia’. Nessuna risposta.

  La seconda volta – dopo essersi sistemato sul solito gradino – ha raccontato della Cooperativa: il contratto che gli hanno fatto, i colleghi di lavoro.  Dieci minuti così, parole in libertà, qualche espressione in dialetto, per creare un clima disteso; gli è parso di sentire oltre la porta lievi rumori, a un certo punto, di nuovo silenzio poi.

La terza volta ha parlato della famiglia: la figlioletta, undici mesi, Mirtilla, occhi azzurri, nomignolo Mirtolina; la moglie, Susanna, bella, in cerca di lavoro, poco bene di salute: abitano a Murano.  Ancora fruscii da dentro l’appartamento, niente reazioni.

È alla quarta volta che sono cambiate le cose. Sconvolto quel giorno Sebastiano. Appena arrivato riferisce del furto che ha subito, sul vaporetto; due ore prima, appena ritirato lo stipendio, milleduecento euro: servivano per pagare l’affitto, bollette varie, anche un regalo alla moglie, a Mirtilla una bambolina. Fatta la denuncia in questura, poche speranze.

È in quel momento che si schiude la porta alle spalle; ecco Duchain affacciarsi fuori in silenzio. Ancor più aperto l’uscio, con lentezza, una sagoma esce per intero.

 Lo vediamo finalmente: un uomo alto, magro, lineamenti nobili, zigomi alti, foulard di seta blu al collo. Avanza lieve sul pianerottolo, si avvicina a Sebastiano, ‘’Ho sentito, anche le visite precedenti’’, inizia, marcato accento francese; ‘‘Diverso oggi però, ho pensato di aprirle’’. Con voce ferma, ‘’A me i soldi non mancano, può sembrare incredibile, è così ad ogni modo’’. Cerca le parole, ‘‘Se permette, quello che le hanno rubato vorrei darglielo io adesso’’.  Ha in magno una busta beige, la porge a Sebastiano, ‘’Lei è uno gentile, sa aspettare’’.   Pausa, ‘’So che non vorrebbe, etica professionale; resterà un nostro segretò, se prendono il ladro me li restituirà’’.

 ‘’Vorrei che entrasse però, – riprende, – a fare conoscenza’’; scuote la testa, ‘‘Ritenterò, non è la prima volta; solo se accetta   la mia busta comunque’’: gli fa strada con la mano, ‘‘Un po’ di disordine dentro, questo lei già lo indovina’’.   

 Pausa qui, smetto col racconto; chiedo agli studenti cosa pensino.

Reazioni varie: molti apprezzano la storia, qualcuno mi guarda come se me la fossi inventata. 

Rispondo   che è tutto vero, ‘’Non sono neanche faccende così rare’’; ‘’Sappiate anzi, concludo, che vive sempre lì Duchain, seguito dai servizi; Sebastiano va ogni tanto a trovarlo’’.

A posto il campanello, aggiungo, nessun filo ormai che svolazza; la grondaia aggiustata; anche l’allacciamento telefonico pare imminente.

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