Prendendo spunto dal rinnovato dibattito in tema di affido condiviso, acceso dal ddl n. 832 in esame alla Commissione Giustizia del Senato che introduce una serie di modifiche relative all’affido dei minori con l’intento di rafforzare il principio di bigenitorialità che – a detta dei proponenti – nel nostro paese non sarebbe attuato appieno nonostante introdotto nel lontano 2006 con la legge n. 54 – e dalle numerosissime critiche che ne sono seguite, si riporta una recente ordinanza della Suprema Corte – n. 16804 del 16 giugno 2025 – con cui i Giudici di legittimità, in tema di provvedimenti riguardanti i minori, hanno ribadito che seppur l’affido condiviso sia la regola, bisogna farvi eccezione laddove sia per il benessere dei figli. 

Nel caso trattato dalla Corte il minore era stato vittima di violenza assistita ai danni della madre ed il padre era stato condannato per maltrattamenti. Il Tribunale aveva disposto l’affido esclusivo alla madre ed incontri padre figlio in “spazio neutro” presso i Servizi sociali di competenza. Tuttavia, nonostante ciò ed a seguito di una relazione positiva dell’assistente sociale, la Corte di Appello aveva revocato tale modalità. 

La Corte, nel cassare la sentenza impugnata in merito a tale punto, ha statuito che “il giudice – anche nella disciplina anteriore rispetto all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 149 del 2022 – non può trascurare l’allegazione di comportamenti violenti o aggressivi tenuti dai genitori del minore, dovendo accertarne con cura e sollecitudine il fondamento, al fine di ricostruire il quadro complessivo della relazione familiare e valutare il miglior interesse del minore e l’idoneità dei genitori a svolgere adeguatamente i loro compiti e non va trascurato che, anche in caso di affidamento condiviso, la frequentazione, del tutto paritaria, tra genitore e figlio che si accompagna a tale regime, nella tutela dell’interesse morale e materiale del secondo, ha natura tendenziale ben potendo il giudice di merito individuare, nell’interesse del minore, senza che possa predicarsi alcuna lesione del diritto alla bigenitorialità, un assetto che se ne discosti, al fine di assicurare al minore stesso la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (Cass. n.4790/2022)”.
In altri termini, la Corte d’Appello ha errato laddove non ha tenuto in debito conto il clima di violenza vissuto dal minore né operato degli approfondimenti volti ad accertare la presunta denunciata manipolazione del padre sul figlio.  

La Corte prosegue riportando quanto espresso dalla CEDU “che ha rimarcato che nei casi di violenza familiare, anche di ciò si deve tener conto nella regolamentazione dei rapporti tra il figlio ed il genitore “violento” nel bilanciamento degli interessi in causa (sentenza I.M. e altri c. Italia – ricorso n.25426/20, p.79-91, 109-113).

Con questa significativa pronuncia la Corte EDU, ha ricordato che “79. Nelle cause in cui gli interessi del minore e quelli dei suoi genitori siano in conflitto, l’articolo 8 (CEDU) esige che le autorità nazionali garantiscano un giusto equilibrio tra tutti questi interessi e che, nel farlo, attribuiscano una particolare importanza all’interesse superiore del minore che, a seconda della sua natura e complessità, può avere la precedenza su quello dei genitori”.

In conclusione, il diritto dei figli ad avere una relazione affettiva reciproca di tipo familiare, mantenendo rapporti significativi ed equilibrati con entrambi i genitori, anche se separati o divorziati, è sancito dalla nostra Carta costituzionale (art. 30) nonché ribadito in più occasioni dalla Corte Europea dei diritti umani e non può in alcun modo essere messo in discussione. 

Tuttavia a tale principio il giudice può farvi eccezione per il miglior benessere dei figli soprattutto in ipotesi di maltrattamenti in famiglia, dovendo tra l’altro applicare la Convezione di Instabul ratificata dal nostro paese.

Forse non abbiamo necessità di una nuova legge ma, soprattutto in una materia così delicata, di operatori attenti e preparati che sappiano applicare le norme già esistenti al caso concreto, compiendo valutazioni complessive ed approfondite dei singoli e dell’intero nucleo familiare senza pregiudizi ma anche senza timore di discostarsi dalla regola laddove sia necessario.   

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