“In queste ore apprendiamo che si sta dando esecuzione al provvedimento del tribunale di Roma I sezione civile del 20.6.25 che prevede l’invio delle Forze dell’ordine nell’abitazione della signora S. C., per il trasferimento della minore B. D. di anni 5  dalla sua casa e residenza abituale in una struttura non identificata e sconosciuta ai familiari”.

Questo l’incipit della lettera che attiviste, psicologhe, giornaliste, scrittrici, avvocate, hanno indirizzata al sindaco di Roma e reiterata poi indirizzandola anche al Prefetto e al Questore di Roma.

 Nella lettera hanno ricordato  alle autorità procedenti i limiti dell’intervento delle FFOO  come sanciti dal vademecun del 2014, dall’ Ordinanza di Cassazione n. 9691/22;  dalla  PG di Cassazione Francesca Ceroni, nel Ricorso RG. n.21633/21, tutti di fatto concordanti con quanto affermato dalla  Sentenza del Tribunale di Lecce, Seconda Sezione Penale,  del 23 febbraio 2023: “nessun organo delegato all’esecuzione può porre coazione fisica nei confronti dello stesso (minore), e di fronte al rifiuto categorico (del minore) l’attuazione dell’obbligo deve necessariamente arrestarsi rimettendo gli atti al giudice dell’esecuzione”.

Sulla base dei limiti descritti in premessa  i firmatari hanno chiesto “una sorveglianza attiva perché l’intervento dei servizi sociali, ancorché coadiuvati dalle Forze di polizia,  si esplichi nel rispetto dei diritti costituzionali di una persona minore a non essere costretta contro la sua volontà  e presa di forza (per mani e piedi, come abbiamo visto altre volte fare)  per essere trasferita altrove rispetto al suo domicilio”.

Si legge ancora nella lettera: “Se la minore si oppone, come fatto in altri tentativi,  non rimane che relazionare al giudice del procedimento senza effettuare atti di forza. Nulla deve essere fatto,  poi, per  coinvolgere abusivamente l’emergenza sanitaria: la bambina non può essere oggetto di abuso sanitario, ovvero  non  può essere forzata da operatori sanitari anche attraverso terapie di sedazione farmacologica domiciliare,  che non rientrano nelle norme sanitarie (TSO; disposto per  altro dal sindaco)”.

Hanno quindi in sintesi chiesto al sindaco e a tutte le altre autorità  di garantire  la correttezza  del comportamento degli operanti,  non abilitati  per legge a prassi coercitive che minano la  salute e l’ integrità psicofisica delle persone minori, al di  fuori dei contesti di reale e comprovata emergenza.

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