C’è una sorta di contagiosità entro lo statuto di ogni singola categoria, nonché fra un insieme e l’altro di fragili: un gioco di rimbalzi da non deludere tecnicamente, pena il formarsi di squilibri peggiori dei precedenti, di vuoti gravi  e ingiustificabili.

Così, se vengono a un certo punto messi in opera nuovi precetti, riguardo alla fascia dei sofferenti mentali, sarà difficile che qualcosa, di quei mutamenti, non arrivi a interessare altri gruppi di disabili. Ad esempio: forme inedite di fronteggiamento terapeutico della devianza psichica, offriranno esempi anche per gli anziani o per i tossicodipendenti; nuove forme di gestione comunitaria per gli alcoolisti, potranno applicarsi pure  ai tossicodipendenti; e lo stesso vale per  certi  farmaci, per certe ipotesi di gestione psicodinamica, per certi  specialisti “psi” negli uffici giudiziari, per certe forme di convenzione con gli enti pubblici.

Oppure: qualora si enfatizzi, con un provvedimento normativo, l’imprescindibilità del momento del “consenso” al trattamento sanitario, con riguardo a un certo gruppo di  creature sfortunate, non passerà molto tempo prima che il  seme  gettato coinvolga altre categorie.

Ancora: se, rispetto a un settore di incapaci, si rifiniscono nuove modalità di protezione sostitutiva, sarà difficile (per lo studioso) non porsi il problema dell’estensione dei medesimi strumenti ad altri comparti di individui sfortunati.

Guerra tra i poveri, ma anche pace – spontaneo conformarsi di statuti –  tra i poveri.

E, d’altro canto, riuscire a incidere su (quello che era sino al giorno prima) il baluardo di un certo statuto segregativo, per una determinata categoria di disabili, significherà quasi sempre aprire dubbi, vertenze, in ordine ai residui versanti disciplinari di quella categoria. Sia dentro che fuori il diritto privato.

Viene approvata una legge 180 che (sulla carta) cancella dalla scena del paese il manicomio? Sarà impossibile non chiedersi come debbano organizzarsi – nei quartieri – i Centri sostitutivi dell’istituzione che si abolisce; non chiedersi come dovrà attuarsi l’assistenza domestica dei “matti”, quali organi pubblici saranno chiamati a dar vita alle case-appartamento, alle comunità protette. Sarà impossibile non cercare di sapere come   riformare il collocamento obbligatorio dei sofferenti psichici; cosa occorre chiedere –  per essi – al diritto penale, a quello penitenziale. E poi, sul piano civilistico: come andranno immaginati correttivi grandi e piccoli nelle regole in materia di contratto, di famiglia, di  responsabilità civile, di ambiente,  di accesso alla giustizia, di successioni mortis causa.

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