Quale sorte per il pacifismo giuridico
Il mondo appare ancora oggi dilaniato dalle atrocità delle guerre, e così la ragione ripropone l’interrogativo che Albert Einstein rivolgeva a Sigmund Freud nel celebre carteggio tra gli stessi intercorso agli inizi degli anni trenta del secolo scorso: Warum Krieg? (Perchè la guerra). O, posta la domanda in altri termini, “c’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?”.
Dopo aver portato alla luce quel vasto mondo di pulsioni conservative e di unione: eros; e di pulsioni aggressive che tendono a distruggere ed uccidere: thanatos; che animano l’uomo –pulsioni compresenti ed interdipendenti dal momento che la tendenza all’autoconservazione si manifesta spesso attraverso azioni distruttive verso l’esterno – Freud affermava che rispetto alla guerra, non rimane altro che un sentimento, quello dell’indignazione, sentimento estetico e morale che deriva dal processo di civilizzazione che produce modificazioni della psiche umana.
L’indignazione verso la guerra avviene (se, e) nella misura in cui la psiche umana, modificata dal processo di civilizzazione, consideri la guerra una degradazione, una barbarie, un orrore che annienta ogni dimensione della vita.
Ma, è proprio così? Non c’è davvero alcuna speranza per il pacifismo giuridico? Ecco la questione che poniamo alla riflessione di chi non abbandona la speranza della ragione e non si arrende all’idea che ancora dilaghi la guerra perché il processo di civilizzazione non è ancora giunto al punto di suscitare un sentimento generale dell’umanità di indignazione e di ripudio verso la stessa.
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