La Corte di Appello di Trento, con un’interessante sentenza del 2 aprile u.s. la numero 24 (reperibile sul sito www.osservatoriofamiglia.it), dichiarava di non doversi procedere nei confronti degli imputati per il reato loro ascritto ai capi 1 e 2 (artt. 81, 110, 388 c.p.) per mancanza della condizione di procedibilità, con conseguente assoluzione degli imputati medesimi, per il reato di circonvenzione di incapace, per insussistenza del fatto.
In particolare, il Giudice Tutelare di Trento aveva proceduto con la nomina di due professionisti, quali amministratori di sostegno, ad un beneficiario con ridotta capacità psichica. Gli amministratori di sostegno nominati, provvedevano alla redazione ed al successivo deposito di una querela, su autorizzazione del G.T presso il Tribunale di Trento alla costituzione di parte civile nell’interesse del loro amministrato nei confronti del figlio, il quale, tuttavia, asseriva che il medesimo genitore avrebbe dichiarato di non voler procedere nei confronti del congiunto.
Il figlio del beneficiario, inoltre, previa acquisizione di un certificato medico e l’ausilio di avvocati, si recava con il padre presso un avvocato, il quale si era fatto rilasciare una procura per la proposizione di un reclamo contro la decisione del giudice tutelare di autorizzare la costituzione di parte civile dell’amministratore di sostegno.
Con riferimento alla questione afferente una valida querela, in caso di amministrazione di sostegno, la Corte di Appello trentina ha precisato che il decreto originario di nomina attribuisce all’amministratore di sostegno medesimo il potere di presentare querela in nome e per conto dell’amministrato, con impossibilità, quindi, per il beneficiario, di poterla inoltrare personalmente.
La sentenza pone all’attenzione degli operatori, in particolare, due questioni: quella relativa ai provvedimenti personalizzati, in materia di ADS, nonché la necessità di comprimere al minimo l’autodeterminazione del beneficiario.
Entrambi i temi sono aperti e in continua evoluzione e pongono l’ttenzione sulla necessità di una collaborazione tra tutti gli operatori che si occupano di amministrazione di sostegno, al fine di attuare i fini di valorizzazione della persona, in ottica globale e non solo patrimoniale, come avveniva e avviene, ancora oggi, con l’interdizione, strumento privo di attualità e, obiettivamente, in contrastso con i principi ormai consolidati in materia di tutela dei diritti della persona, sia con riferimento alla normativa interna che a quella sovranazionale.

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