La scelta terapeutica deve essere sempre fatta in concreto ed accompagnata da informativa esauriente

Costituisce orientamento consolidato in giurisprudenza quello secondo cui, in tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta commissiva e/o omissiva e fatto dannoso deve essere effettuata facendo applicazione della teoria condizionalistica (condicio sine qua non) secondo cui un evento è da considerarsi causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (ed il nesso di causalità è interrotto se subentra un comportamento del danneggiato o di terzi di per sé solo idoneo a produrre l’evento dannoso), temperata dalla teoria della c.d. regolarità o adeguatezza causale (il nesso causale è escluso se, al momento dell’azione o omissione, l’evento di danno poi verificatosi, era imprevedibile e inverosimile, in termini probabilistici). Tale verifica, in materia civile, deve compiersi sulla scorta del criterio del “più probabile che non”, secondo un criterio, non di probabilità quantitativa-statistica delle frequenze delle classi di eventi, ma secondo un criterio di probabilità logica che tenga conto degli elementi disponibili nel caso concreto.

E così, in campo di responsabilità medica per scelta terapeutica, a fronte delle alternative possibili di un intervento conservativo, non rischioso, ma non risolutivo della patologia, ed altro intervento chirurgico invasivo, risolutivo ma al tempo stesso rischioso, l’accertamento del nesso causale tra la condotta medica e l’evento di danno verificatosi richiede un giudizio controfattuale che ponga in relazione l’efficacia causale dell’antecedente, ossia la scelta del tipo di trattamento da effettuare, non rispetto all’evento guarigione, ma rispetto all’evento di danno concretamente verificatosi.

La condotta del medico deve, in ogni caso, tenere presente che il paziente è sempre, per definizione, un soggetto “fragile”, proprio perché affetto da patologia, e, comprensibilmente, desideroso di guarire dalla stessa, la maggior parte dei casi non dotato di conoscenze mediche, e, pertanto, non a conoscenza dei rischi generici e specifici dei possibili trattamenti medici. E’, pertanto, preciso dovere del medico, non solo una completa valutazione di tutte le circostanze concrete, ma anche un’informativa esauriente, e non frettolosa e/o superficiale, rivolta al paziente, per il rispetto dovuto allo stesso quale persona umana, e non mero elemento di un astratto giudizio di probabilità statistica.

Tutte tali considerazioni sembrano riecheggiare alla lettura di un recente pronuncia della Corte di Cassazione, che pertanto si condivide, e di cui si riporta qui di seguito la massima: “In tema di accertamento del nesso causale nella responsabilità sanitaria, il giudizio controfattuale va compiuto ponendo in relazione la condotta alternativa lecita con l’evento concretamente verificatosi, e di cui si duole il danneggiato, ossia chiedendosi se tale specifico danno era evitabile sostituendo la condotta posta in essere con quella alternativa (nella specie la Suprema corte ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la rilevanza causale della scelta di procedere al trattamento chirurgico, anzichè conservativo, della patologia diagnosticata, ritenendo con un ragionamento controfattuale errato, che l’intervento conservativo non avrebbe garantito la guarigione, anziché valutare se avrebbe evitato il danno permanente neurologico lamentato dall’attore): così Cass., sez. III civ., ordinanza 27 settembre 2024, n. 25825.  

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